Come conservare l’olio extra vergine?
La saggezza popolare con il proverbio “olio nuovo, vino vecchio”, individua chiaramente che con l’invecchiamento l’olio peggiora sempre ed è buona regola consumarlo nella stessa annata di produzione.
Generalmente si considera che il prodotto debba essere consumato preferibilmente entro una certa data, generalmente 18 mesi da quella di confezionamento. Tuttavia, l’olio conservato correttamente, nella bottiglia ancora sigillata, arriva senza problemi al secondo anno di invecchiamento; esso contiene in sè per natura dei componenti antiossidanti che lo proteggono dall’irrancidamento, anche se la loro azione si affievolisce con il passare del tempo. È noto che uno dei problemi che maggiormente interessano la qualità delle sostanze grasse (e dell’olio di oliva in modo particolare) è quello relativo alla stabilità biologica, quindi, riconducibile a una buona conservazione. Nel caso specifico dell’olio di oliva, gli aspetti qualitativi coinvolgono tutte le fasi della filiera produttiva che dalla produzione dell’oliva si spingono fino alla trasformazione. E ciò dipende dalla particolare costituzione fisica e composizione chimica dell’oliva. È necessario che per la salvaguardia delle caratteristiche qualitative dell’olio ricavato dall’oliva, vengano poste in atto tutte quelle tecniche operative che sono impiegate lungo tutto il percorso produttivo. Un’attenta considerazione delle problematiche del processo estrattivo, nonchè l’attuazione di semplici norme igieniche, sia dell’ambiente in cui si lavora, sia degli addetti alla conduzione dell’impianto di estrazione, sia di quanti a diverso titolo operano nell’ambito del frantoio, rappresentano elementi utili per tutelare le peculiari caratteristiche dell’olio di oliva.
Una volta esposto al contatto con l’aria, esso va consumato in un tempo ragionevolmente breve, sempre rinchiudendo il contenitore dopo l’uso con il tappo, ed evitando di lasciare sulla bottiglia i versatori metallici, che non permettono un perfetto isolamento. Contrariamente a quanto si possa ritenere, il freddo non provoca invece alterazione nella struttura del prodotto e nella sua conservabilità. Qualche equivoco nasce anche, per quanto riguarda il sapore, dalla diffusione di una terminologia tecnica non sufficientemente chiarita: dal momento che viene spesso un dato fondamentale viene spontaneo supporre che tale acidità sia riscontrabile nel sapore stesso dell’olio mentre è definibile solamente mediante analisi in laboratorio. Così, se all’assaggio un extravergine di redente spremitura reca molto intenso il sapore del frutto, provocando in gola un leggero pizzicore sensazione di fruttato che delizia gli esperti, questo viene facilmente confuso con un eccesso di acidità. Il riconoscimento delle migliori proprietà nutritive dell’olio di oliva rispetto ai grassi animali ha poi generato l’equivoco che ogni grasso di origine vegetale sia buono e faccia bene: con il risultato che alcuni, sostituendo la margarina al burro, credono seriamente di tutelare la propria salute. La margarina viene prodotto idrogenando oli vegetali, rendendo cioè saturi i legami doppi degli acidi grassi attraverso l’assorbimento di idrogeno. In tal modo il beneficio che gli oli vegetali portano alla prevenzione delle malattie cardiovascolari, legato soprattutto alla presenza di acidi grassi mono e polinsaturi, viene totalmente azzerato.
Articolo tratto da Analisi sensoriali “come riconoscere le qualità degli oli extravergine di oliva”
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